Un filo rosso sottile e discreto lega le composizioni raccolte in questo disco. La cosa può risultare singolare, se si considera la presenza di un autore straniero come il céco Jan Novak tra tre italiani, e soprattutto se si prende in considerazione l'esteso arco temporale (una sessantina d'anni) che separa i brani più recenti da quelli di più antica realizzazione. Nonostante queste condizioni di relativa distanza, tutti i brani sono sorprendentemente simili sul piano stilistico-espressivo. Tanto che si potrebbe parlare di una comune poetica musicale: un'estetica fatta di sostanziale rispetto della tonalità, di pudore sentimentale, di garbata appropriazione delle tecniche compositive del secolo (con particolare attenzione all'Impressionismo francese). Anche se va detto che una cosa era affrontare questo avvicinamento alla produzione strumentale d'oltralpe nel 1917, come nel caso di Malipiero; altra cosa è la citazione di quegli stilemi nel corso degli anni '70, come nel brano di Novak.

                                                                                                                                          Giovanni Gioanola